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Burocrazia e ritardi per chi esporta in Uk. L'intervento di Alessandra Tassini, responsabile dell’ufficio estero di Apindustria- Gazzetta di Mantova martedì 08 giugno

Rassegna stampa

Gli effetti della Brexit si fanno sentire ma le aziende mantovane non si lasciano intimidire dalle nuove regole e continuano ad esportare verso il Regno Unito. Alessandra Tassini, responsabile dell'ufficio estero di Apindustria invita a non trarre conclusioni affrettate: «In questi mesi abbiamo assistito a una serie continua di aggiustamenti. Alcune certificazioni, per esempio, sono state diluite nel tempo per evitare complicazioni».

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48 GDM Manerba 24 05 2021

Impicci burocratici e qualche ritardo. Gli effetti della Brexit si fanno sentire, anche se meno di quanto prospettato alla vigilia, quando, soprattutto per l'agroalimentare, primo settore per volumi esportati, si temevano scossoni ben più bruschi: le aziende mantovane non si sono lasciate intimidire dalle nuove regole e hanno continuato a esportare verso il Regno Unito, nel 2019 quinto mercato di sbocco per le produzioni della provincia (5,3% del totale, dati Camera di Commercio). Il Consorzio Mantova Export racconta soprattutto di intoppi doganali: «A cinque mesi dall'uscita definitiva del Regno Unito dall'Unione doganale - dice Alessandro Dotti, direttore del consorzio - continuiamo a ricevere dalle imprese segnalazioni di problemi e difficoltà nelle esportazioni». Con la Brexit, il Regno Unito si è trovato a dover gestire un grande flusso di importazioni, dovuto al fatto che, per i britannici, l'Ue rimane il primo partner commerciale. «Il loro governo - spiega Dotti - ha finanziato l'assunzione di nuovi addetti alle dogane, ma non è bastato: si sono comunque trovati in difficoltà». Per snellire le procedure, hanno concesso alle imprese di presentare le dichiarazioni doganali a fine anno, ma questo sfasamento temporale ha causato pasticci alle nostre aziende: «Alcuni nostri imprenditori si sono ritrovati nell'impossibilità di provare l'avvenuta esportazione». Segnala piccoli ritardi e una situazione in continuo divenire Alessandra Tassini, responsabile dell'ufficio estero di Apindustria, che invita a non trarre conclusioni affrettate: «In questi mesi abbiamo assistito a una serie continua di aggiustamenti. Alcune certificazioni, per esempio, sono state diluite nel tempo per evitare complicazioni». La logistica ha sofferto a causa del maggior flusso di pratiche da gestire in dogana, e i tempi medi dei trasporti sono peggiorati. Si tratta, però di ritardi contenuti: per il trasporto su gomma si parla di 2/4 giorni in più, mentre per mare e su rotaia il ritardo medio è di tre giorni. «Questi tempi, però - osserva - devono essere calati in una situazione di pandemia, con un problema che riguarda i trasporti a livello mondiale. I flussi si normalizzeranno quando tutti i mercati torneranno alla normalità».Qualche timore per il food però rimane, perché i ritardi alle frontiere possono causare problemi ai prodotti più deperibili, e perché tra i produttori di grandi eccellenze ci sono anche piccole aziende, per le quali la burocrazia è più difficile da sopportare. I britannici sono tra i principali compratori di cibo italiano. E tra i prodotti più venduti, dopo vino, passata di pomodoro e pasta, ci sono Parmigiano e Grana. Le somme ufficiali si tireranno con la chiusura del semestre, ma i dati dei primi due mesi dell'anno, almeno per il Grana, non sono positivi: a gennaio e febbraio, le esportazioni verso il Regno Unito sono diminuite del 24,8% a fronte di una tendenza europea che si attestava sul -7,7%. «Gennaio - spiega il direttore generale del consorzio, Stefano Berni - è stato devastante anche perché il Regno Unito ha dovuto smaltire le scorte generate a dicembre. A febbraio il calo è stato compensato, però, dalla crescita poderosa degli Stati Uniti grazie alla sospensione dei dazi».