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Dal 1° aprile 2017 nuove regole per il deposito Iva

PMI Informazione

Il D.L. n. 193/2016, collegato al disegno di legge di Bilancio 2017, ha previsto delle modifiche alla norma che disciplina l’istituto del deposito Iva di cui all’art. 50-bis, D.L. 331/1993 al fine di potenziare l’attività di controllo o di accertamento.
Le modifiche avranno effetto dal 1° aprile 2017 e riguardano l’ampliamento del novero dei beni che possono essere introdotti all’interno del deposito Iva e le modalità di applicazione dell’imposta dovuta per l’estrazione dei beni ai fini della loro utilizzazione o commercializzazione in Italia.

Per quanto riguarda la prima novità è stata modificata la lett. c) del comma 4 dell’art. 50-bis del decreto Iva ed è stata abrogata la successiva lettera d) del medesimo co. 4. In virtù di dette modifiche, l’introduzione dei beni all’interno del deposito Iva viene estesa ad ogni tipologia di transazione, mentre oggi è solamente prevista per gli acquisti intracomunitari, per i beni extra Ue immessi in libera pratica, per le cessioni verso soggetti identificati in un altro Stato membro e per le cessioni nazionali, ma limitatamente alle transazioni che avevano ad oggetto i beni elencati nell’allegato A-bis del D.L. 331/1993.

Queste modifiche determinano un ampliamento delle operazioni che possono essere ammesse al regime sospensivo creando delle nuove opportunità di utilizzo dello specifico regime per tutte le operazioni interne, specialmente quando le merci sono oggetto di più transazioni ovvero sono dirette ad essere esportate o cedute in un altro Stato membro.
Stante questa modifica sostanziale che può essere accolta positivamente, fanno da contraltare le nuove regole che sono state previste per gestire l’estrazione dei beni dal deposito quando i beni sono destinati ad essere commercializzati ovvero utilizzati in Italia.

La modifica più rilevante introdotta dal decreto è quella concernente le regole dell’estrazione dei beni dal deposito Iva. In questo caso, infatti, il Legislatore, equiparando di fatto la procedura di riscossione dell’imposta a quanto accade per importare un bene da un Paese terzo, ha previsto che chi estrae è obbligato ad assolvere l’Iva. In particolare, il comma 6 dell’art. 50-bis, integralmente riscritto, a differenza dell’attuale formulazione secondo cui l’estrazione dei beni dal deposito Iva avviene mediante autofattura, prevede modalità differenti di assolvimento dell’imposta a seconda della tipologia di beni oggetto di estrazione.
Tale differente modalità di assolvimento dell’Iva varia a seconda che i beni immessi in deposito e poi estratti provengano da uno Stato appartenente all’Unione europea ovvero da uno Stato extra-Ue o ancora che si tratti di beni nazionali.

Per l’estrazione dei beni che sono stati introdotti nel deposito Iva a seguito di un acquisto intracomunitario, l’operazione di estrazione che chiude il precedente acquisto intracomunitario viene realizzata dal soggetto che procede all’estrazione mediante assolvimento dell’imposta, provvedendo alla integrazione della fattura relativa all’acquisto intracomunitario, con l’indicazione dei servizi eventualmente resi e dell’imposta. Detta fattura va poi annotata per la variazione in aumento nel registro delle fatture emesse, di cui all’art. 23, D.P.R. 633/1972 entro quindici giorni dalla data di estrazione, con riferimento a quest’ultima, e nel registro delle fatture ricevute, di cui all’art. 25 del medesimo D.P.R. 633/1972 entro il mese successivo a quello di estrazione.

In caso di estrazione di beni precedentemente immessi in libera pratica ed introdotti nel deposito Iva, l’imposta è dovuta dal soggetto che procede all’estrazione mediante autofattura, previa prestazione di idonea garanzia, con i contenuti e con le modalità definite con apposito decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze. Detto soggetto, inoltre, è tenuto a comunicare al gestore del deposito Iva, i dati relativi alla liquidazione dell’imposta, anche ai fini dello svincolo della garanzia ivi prevista. Resta da chiarire se la garanzia prestata al momento della introduzione in deposito Iva di detti beni immessi in libera pratica, sia poi la stessa che va prestata in fase di estrazione, ovvero si tratti di garanzie differenti.

In tutti gli altri casi, l’imposta è parimenti dovuta dal soggetto che procede all’estrazione, ma è versata in nome e per conto di tale soggetto dal gestore del deposito che, peraltro, è solidalmente responsabile dell’imposta stessa. In questi casi il pagamento dell’imposta deve avvenire entro il 16 del mese successivo a quello di estrazione, attraverso un versamento diretto con il Modello F24, con divieto di avvalersi della compensazione «orizzontale» di cui all’art. 17, D.Lgs. 241/1997.

Attenzione che questa forma di pagamento è dovuta (in modo transitorio) anche per l’estrazione dei beni precedentemente immessi in libera pratica ed introdotti nel deposito Iva fintanto che non è emanato il predetto decreto che disciplina la relativa garanzia.
Il versamento diretto genera in capo a chi estrae la formazione di un credito verso lo Stato che viene autofatturato e annotato sul registro degli acquisti (art. 25, D.P.R. 633/1972) e permette la detrazione dell’imposta. Attualmente tutte le operazioni di estrazione, come già indicato in precedenza, avvengono senza un esborso effettivo, ma attraverso una semplice rilevazione contabile con l’emissione di un’autofattura ovvero con l’integrazione della fattura di vendita e con contestuale registrazione dell’operazione nel registro vendite e nel registro acquisti.

Ulteriore eccezione al pagamento diretto è stata fissata per coloro che, avendo lo status di esportatori abituali, possono scegliere di procedere all’estrazione dei beni dal deposito Iva mediante l’utilizzo del plafond, trasmettendo la dichiarazione d’intento all’Agenzia delle Entrate che rilascia apposita ricevuta telematica, secondo le modalità ordinariamente previste per l’acquisto da fornitori nazionali.